Gaia Gaudi è uno spettacolo “generazionale” che parla di radici e di trasformazioni, del grande ciclo della vita che continuamente si rinnova.
In scena ci sono una clown, una cantante, una ballerina e un percussionista; le sorprese e i colpi di scena saranno inevitabili, così come, d’altronde, accade nella vita reale.
Hanna, l’alter ego clownesco di Gardi, ha molta esperienza per morire: in otto spettacoli muore sette volte. La morte clownesca permette di ridere sulla morte – il riso originario, inventato dall’uomo per rappacificarsi con l’idea della propria inevitabile fine.
In Gaia Gaudi Hanna è morta dall’inizio. Il pubblico lo capisce subito, lei invece no. Non si lascia certo sopraffare da qualcosa di così poca importanza. Si dice che l’anima di un morto rimanga nello spazio ancora per un momento. L’anima di Hanna si agita così allegramente che il corpo si snerva: allora prende questa “cosa svolazzante” e la trascina al di là. Lui sente il rumoreggiare forte dalla nuova generazione dietro la porta, che pretendono lo spazio.
La morte, così come qualunque fine, è sempre anche un inizio, una nascita, e, in questo senso, è soltanto un passaggio: per i credenti verso un altro mondo, per gli scienziati verso un altro stato – e per gli artisti verso un’altra fantasia.
La storia è raccontata da una clown, una cantante, una ballerina e un percussionista. Naturalmente le sorprese sono inevitabili, così come nella vita reale.