Emma è una donna forte, libera e rude, abituata e costretta dalla vita all’assenza di un amore; per sopravvivere, alleva e macella i maiali che lei stessa cresce e ama. Max è un uomo prigioniero di se stesso e delle sue abitudini, timoroso, che non ha mai trovato il coraggio di amare e che di vita davanti sa di non averne più. È l’incontro di amore e morte. Lo racconta, con il sorriso appena accennato e la voce leggera, una spaventapasseri, che altri non è che lo sguardo di Rita stessa con i suoi amori, i suoi dolori, i suoi dubbi, i suoi timori, il suo sguardo sulla vita. Dall’alto del suo mucchio di vecchi copertoni, questo piccolo e delizioso fool, custodisce i segreti e le domande di Emma, le paure e le incertezze di Max, il loro amore infine sbocciato e capace di chiedersi e concedersi aiuto, accompagnando per mano lo spettatore a una condivisione intensa e a un’elaborazione profonda sul confine sottile che separa amore e desiderio, felicità e morte.
Rita Pelusio, tra le voci più originali dell’arte comica contemporanea, attraverso questa storia, tratta da un romanzo dell’autrice tedesca Claudia Schreiber, affronta con coraggio il tema di amore e morte, continuando il suo impegno per un teatro civile che non abbia timore di confrontarsi con i temi più delicati.
Questo spettacolo risponde a un’urgenza profonda dell’attrice che lo porta in scena. Rita Pelusio desiderava intensamente affrontare il tema del fine vita, consapevole del rischio che questo porta con sé. L’incontro con il libro delicatissimo di Claudia Schreiber è stato la scintilla che ha innescato il processo, perché è proprio vero che, per arrivare a toccare il cuore e la mente degli spettatori, non basta avere una buona storia, ma bisogna avere un buon motivo per raccontarla.
Nella riscrittura del testo, con lei e Domenico Ferrari, e poi, nella messa in scena, ho, allora, cercato di tracciare un percorso che, nel districarsi tra le tantissime e letterarie immagini dell’autrice tedesca, riuscisse a comporre una narrazione che aiutasse Rita a conservare la ‘leggerezza’ della fiaba senza fuggire la profondità del tema affrontato.
Abbiamo scelto di lavorare sulle fragilità, piuttosto che sui suoi punti di forza di attrice. Ci siamo sbilanciati alla ricerca di un disequilibrio che è stato prezioso alimento per nutrire la scena di intensità e verità, sempre muovendoci su un crinale sottile, per evitare la retorica e fuggire rischiosi patetismi; e componendo una partitura fisica e gestuale, oltre che testuale, che disegna, in uno spazio contenuto e chiaramente definito, un’atmosfera rarefatta, lenta, luminosa e densa, scandita dal cinguettio degli uccelli, che si dilata nei silenzi del tempo e del campo intorno alla fattoria, e si comprime fino a esplodere, quando nella storia di Emma e Max irrompe il mondo esterno, rumoroso, inconsapevole.
Enrico Messina