RECENSIONE: PapagHeno PapagHena. I Pappagalli di Mozart
Mai pappagallini hanno cantato così bene come nello spettacolo Papagheno Papaghena. I pappagalli di Mozart. Nella finzione scenica preparata dall’accurata regia di Rita Pelusio non è Mozart a comporre la musica de Il flauto magico, ma i suoi due pappagallini, Papagheno e Papaghena.
Si è trattato di uno spettacolo emozionante, pieno di fantasia e creatività. In grado di far dimenticare le ansie del presente.
Coloratissimi i costumi, splendida la musica di questi clown che reinventano il circo con un’arte raffinata. Lo spettacolo è caratterizzato da una continua allegria, da lazzi, frizzi, gorgheggi scoppiettanti, da un sicuro possesso dell’arte musicale. Perché i tre artisti non sono soltanto clown ma musicisti e cantanti, che smessi i panni del clown potrebbero benissimo calcare le scene dei teatri lirici senza per questo sfigurare. Ma al teatro Leonardo erano pappagallini che trasformavano in comico tutto quello che toccavano con il loro estro, con il loro strano grammelot.
Bravi, davvero bravi per le loro continue invenzioni, per la dimensione surreale in cui ci hanno trascinati, per la capacità di prendersi in giro con un tocco di lieve autoironia.
Bravi perché nella loro interpretazione riuscivano anche a sfiorare e il dramma fermandosi un passo prima, per rimanere all’interno del gioco e del divertimento, senza per questo rinunciare a rivendicare la libertà di uscire dalle gabbie in cui sono costretti.
L’augurio per tutti noi è che tramite il teatro, tramite il gioco, si possa uscire dalle gabbie in cui spesso, volenti o nolenti, ci costringiamo.
Molti i giovani tra il pubblico e questo non può farci altro che piacere, segno che il teatro quando è buon teatro, è vivo e riesce a parlare a un pubblico composito.
Irene Geninatti è stata una convincente Papaghena. Ci ha conquistati con la sua presenza artistica, con un ruolo che le calza a pennello. Ironica e concreta tiene testa a un Papagheno un po’ sbruffone interpretato da un Nicanor Cancellieri dall’energia prepotente, in grado di spaziare in lungo e in largo sul palcoscenico, senza mostrare alcun segno di cedimento. Impeccabile Franca Pampaloni che costituisce un vero e proprio ago della bilancia e riempie la scena con il suo virtuosismo alla fisarmonica. Su di lei è stato costruito un personaggio timido e capriccioso assolutamente credibile, in grado di rinforzare la verve stralunata, dissacrante e divertente di uno spettacolo da non perdere, grazie alla regia di Rita Pelusio, che riesce a costruire un elegante equilibrio tra i personaggi in scena, tra parti cantate e musicate, tra clown e musica.
Talmente appagante lo spettacolo che abbiamo raggiunto Rita Pelusio per continuare il dialogo con lei.
Hai portato in scena al teatro Leonardo di Milano Papagheno Papaghena. I pappagalli di Mozart. In una precedente intervista mi avevi detto che dovevate debuttare il 23 febbraio del 2020. Invece a causa della pandemia avete dovuto rinviare. Qual è la storia di Papagheno Papaghena?
Da una parte è una storia bella. Con la compagnia Trioche avevo già fatto una regia per lo spettacolo Troppe arie. Dove avevamo preso le arie della lirica più famose e le avevamo messe in comico. La cornice era quella di un concerto che poi andava a rotoli. Questo spettacolo ha avuto tantissimo successo all’estero, proprio tantissimo. Forti di questo abbiamo iniziato a lavorare ad un altro spettacolo sempre nello stesso modo, prendendo le arie più famose. Però io non ero contenta, era troppo facile e mi sono fermata. Non sapevo che cosa stava accadendo ma non gioivo. A quel punto Anna Marcato, aiuto regista e co-produttrice, mi ha chiesto “Ma perché? Tu che cosa vorresti fare veramente?” Io ho risposto “Beh. Il mio sogno? Io con loro tre voglio fare Il flauto magico”. Anna è rimasta un po’ così e si è limitata a dire “Vabbè ti do fiducia. Facciamolo”.
Ne ho parlato con i ragazzi e loro erano entusiasti. Sapevamo che era difficilissimo anche perché a questo giro io volevo usare la fisarmonica. Franca Pampaloni in realtà è una pianista e fisarmonicista. Nell’altro spettacolo lei suona il pianoforte. Fare Il flauto magico con la fisarmonica va da sé è quasi impossibile. Abbiamo iniziato a lavorare, a costruire insieme la musicalità di tutto lo spettacolo. Abbiamo preso il punto di vista dei pappagallini perché serviva un punto di vista molto piccolo, perché non facevamo tutta l’opera. Semplicemente io volevo portare quello spirito popolare con cui Mozart ha scritto Il flauto magico. Perché il flauto magico è una fiaba e lui l’ha scritto per tutti. Questo per me era fondamentale. Il flauto magico era lo spettacolo del popolo. Non era la lirica alta. Quindi partendo da questo, quale cosa migliore dell’energia dei clown per arrivare a tutti?
Abbiamo iniziato a lavorare per arrivare a tutti e appassionare tutti. Dico sempre che questo è uno spettacolo del cuore, per tutti è stato così, sia per me che per Anna che per gli attori.
Me li presenti gli attori?
Franca Pampaloni è la fisarmonicista. Nicanor Cancellieri è un grande talento clown. Il prossimo lavoro deve essere un solo con lui e ho già deciso che cosa sarà. Irene Geninatti arriva proprio dalla lirica. Con lei è stato bello. Perché all’inizio, come tutti i cantanti e le cantanti liriche, ha avuto paura a giocare con la lirica, perché è sacra. Via via si è sciolta, e hai visto, mentre canta l’aria di Pamina cova e tira fuori un uovo. Questo per una cantante lirica è blasfemo, non esistono giochi per i cantanti lirici.
Una bella capacità. Riuscire a mantenere quel livello di qualità nel cantato, giocare con la mimica mentre fai l’uovo. Ci vuole una grande capacità di tenere insieme tanti livelli.
Anche quando canta l’ultima aria stando in cima alla scala. Quello è di un virtuosismo pazzesco. Lei lì tocca delle note alte ma intanto sta contraendo gli addominali ed è attaccata.
Loro sono stati straordinari. Tu come fai invece a tenere insieme il lavoro di attrice e di regista?
Io con la regia faccio un po’ le cose che amo di più, che non potrei fare perché non so farle. Con la regia ho la fortuna di fare questo tipo di spettacoli che in realtà sono quelli che amo di più. È come realizzare un po’ dei miei sogni. Mi piace un sacco, è un po’ un lavoro di generosità reciproca. A me piace quasi di più fare le regie che fare l’attrice. È come mettersi a disposizione di qualcuno. È come coltivare un fiore. Poi lo devi far sbocciare. Infatti io ieri ero in scena con Pigiami, ma appena ho finito mi sono fiondata al cellulare perché io sono stata tutta la mia replica con la testa a Papagheno.
Alla fine dello spettacolo Irene Geninatti ti ha salutato e ringraziato davanti al pubblico con estremo affetto e riconoscenza.
Che bello.
Il trio Trioche è specializzato in clownerie musicale. Sarebbe molto complicato trovare delle sostituzioni in questo tipo di arte?
No. Non si può. In questo spettacolo qua non si può. In troppe arie ancora ancora. Non si può anche per il lavoro che fa Franca. Le dico sempre che lei è il nostro metronomo. Poi in troppe arie fa dei virtuosismi. Suona Mozart, pezzi complessissimi, perché lei è una pianista di conservatorio, ha due lauree. E allo stesso tempo che cosa fa? Anche Franca decide di sporcarsi, di giocare in comico. E quella roba lì non è che la fanno tutti i musicisti. Cioè, anche quella è un’arte. Franca è insostituibile. Ma anche Nicanor. Come fai a dire un altro attore di prendere quei tempi? È impossibile.
Una delle cose che appare chiaramente è che sotto l’apparente semplicità drammaturgica c’è una grande complessità, fatta di competenza professionale, sia a livello canoro sia a livello recitativo e nell’arte del clown. L’arte è un affare complesso ma voi la fate apparire come se fosse un esercizio semplice.
Perché nessuno si accorge della fatica. Anche Nicanor suona il flauto ma prima magari si è fatto su e giù per il palco ballando. Poi devi arrivare a suonare il flauto emettendo il suono perfetto. Devi avere fiato, competenza, e concentrazione. Anche perché non è che leggono gli spartiti.
Tu sei una camminatrice. Qual è l’ultimo cammino che hai fatto?
[Scoppia a ridere]
Non ne faccio da un po’. Non ne faccio dal lockdown. Ho camminato in Salento quest’estate. L’ultimo che ho fatto sono state le foreste casentinesi, ma poca roba.
Quindi diciamo che in questi due ultimi anni il cammino più lungo che hai fatto è quello sul palco?
Dal lockdown in poi non ho ancora fatto un bel cammino di quindici giorni.
Qual è lo stato di salute del teatro oggi?
Il problema è che c’è tanta paura e la gente non va a teatro. O meglio, quello che sto riscontrando è che i direttori artistici dicono che le persone prenotano all’ultimo perché non sanno se in realtà possono venire o no. Poi molti non prenotano perché hanno paura. Il pubblico fa fatica a venire.
Per Papagheno Papaghena e mi hanno detto che c’era gente. Siamo molto contenti. Fare al Teatro Leonardo duecento persone in questo periodo, con una compagnia, con un genere come quello del Circo Teatro musicale non è così facile.
Io personalmente ho preso la Covid e sono stata reclusa in casa dal 24 dicembre fino al 14 gennaio. Ho fatto l’ultimo tampone negativo il 14 alle 12:00. Alle due ero già alle prove e il 15 sono partita con la tournée.
Hai un’energia incredibile. Sei cofondatrice di Attrici e Attori Uniti e cofondatrice di Saltimbanchi Senza Frontiere. Quando dormi? Perché queste due associazioni?
In Attrici e Attori Uniti siamo tantissimi. Io sono stata parte del processo iniziale, non sono la cofondatrice. Adesso non lo seguo praticamente più. Ci sono altri. Invece Saltimbanchi Senza Frontiere perché io arrivo anche da quella tradizione. Saltimbanchi Senza Frontiere è un movimento politico dove mettiamo a disposizione l’arte di strada per le tematiche sull’immigrazione. Quindi, organizziamo delle parate sui confini. Adesso stiamo organizzando qualcosa per Emilio Scalzo (attivista No Tav arrestato in Val Susa, ndr), adesso detenuto in Francia. Sono attiva anche con Audrey Hepburn ANPI, la sezione ANPI al femminile. Poi sono con Partigiani in ogni quartiere. Sono dentro il collettivo Itaca Etica, e ho partecipato alla scrittura del volume L’Edera sull’etica dello spettacolo pubblicato dal collettivo. Per me c’è stata sempre l’urgenza di declinare l’arte anche per cause civili. Non mi interessa andare in scena e basta. Mi piace mettere a disposizione quello che sappiamo fare per cause importanti. Perché se riusciamo a curare l’anima facciamo qualcosa di buono.
Attrici e Attori Uniti riesce a trovare delle sinergie con Unita, l’altro movimento in difesa dei diritti dei lavoratori dello spettacolo che è nato nei mesi scorsi?
Ci sono dei punti di incontro. Però io non sono più nel direttivo di Attrici e Attori Uniti. Ci sono dei punti di incontro e su altri punti si discute. Si arriva da esperienze diverse. In Attrici e Attori Uniti c’è l’ambito teatrale, mentre in Unita c’è più l’audio visivo e il cinema.
Vi sentite tutelati in questo periodo dal governo? Una delle proposte che avevate fatto era l’istituzione di un osservatorio che vigilasse su come venivano spesi i fondi del FUS (fondo unico spettacolo). Ci siete riusciti?
No, no, no. Non ci sentiamo tutelati, perché adesso che cosa succede? Parlo a titolo personale. Lasciamo stare a quello che avviene nelle città dove alcuni teatri sono pieni e altri un po’ meno. Adesso siamo in giro in tournée e stiamo facendo quello che fanno normalmente le compagnie di giro, cioè la vera circuitazione. Noi abbiamo adesso venti repliche ogni sera in posti diversi. Saremmo dovuti andare al Parenti, però io avevo la Covid, Max Pisu aveva la Covid, quindi le date sono saltate. Erano date cittadine per cui tu in città i teatri li riempi anche. Ma quello che avviene in provincia è che i teatri stanno faticando tantissimo. Ad esempio ad Acqui Terme, dove c’è un teatro grande, che è stato quasi sempre riempito, non c’era neanche metà sala.
Il direttore artistico diceva “Io non so come andare avanti”. Perché nei teatri delle città si va a incasso. Quindi il rischio è condiviso. Lo condivide sia la compagnia che il teatro. Quando invece vai nei teatri di provincia, la vera circuitazione, ti viene pagato il cachet. Oggi i teatri stanno facendo tanta fatica a rientrare dalle spese. Quindi alcuni stanno decidendo o di saltare la stagione, o di rinviare, o di chiudere, e gli spettacoli saltano. A dicembre sono saltati tantissimi spettacoli, anche ai primi di gennaio saltavano. E che cosa succede? Non si è tutelati perché il ministero non si sta scendo carico di risanare il sistema teatrale nelle fondamenta, nelle basi, e neanche più sta dando i ristori o i bonus.
Che fa?
Adesso deve uscire la nuova legge, la nuova proposta di wellfare. Non si capisce che cosa farà. Sta facendo passare l’ALAS che è il corrispettivo della NASPI per i lavoratori autonomi. Non si capisce ancora bene.
Insomma, l’unica cosa che sono riusciti a partorire è quella cosa inguardabile di Franceschini che è ITsART?
Quella è una vergogna.
Sì è una vergogna. È un po’ come per la scuola i banchi con le rotelle.
Esattamente. Bravo. È la stessa cosa. È veramente una vergogna.
MTM Teatro Leonardo – Milano
fino al 23 gennaio 2022
PapagHeno PapagHena
I Pappagalli di Mozart
con Compagnia Trioche: Nicanor Cancellieri, Irene Geninatti Chiolero, Franca Pampaloni
regia Rita Pelusio
assistente alla regia Anna Marcato
drammaturgia scenica Rita Pelusio
costumi e scene Ilaria Ariemme
progetto luci Paolo Casati
progetto audio Luca De Marinis
produzione PEM Habitat Teatrali
con il sostegno di Catalyst, Giallo Mare Minimal Teatro e LaBolla Teatro